Ecclesia Dei. Cattolici Apostolici Romani

RITI SETTIMANA SANTA 1955, che ne pensate?

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PRAECENTOR
view post Posted on 26/4/2006, 07:27     +1   -1




Abbiamo da poco celebrato la Pasqua.
Sappiamo che in molte chiese dove si celebra la liturgia "tradizionale" sono stati celebrati i riti della Settimana Santa secondo le rubriche riformate da Pio XII, mentre in altre chiese secondo le rubriche precedenti a questa riforma.
Che ne pensate?
 
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burckardus
view post Posted on 26/4/2006, 09:26     +1   -1




Carissimo Praecentor questa sì che è una bella discussione! ...da che punto di vista vogliamo affrontarla?
 
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PRAECENTOR
view post Posted on 26/4/2006, 10:12     +1   -1




Beh, intanto tu potresti dare un'inquadramento generale al problema dal punto di vista rituale, spiegando assai sinteticamente quali sono le differenze tra i due riti. Successivamente io vorrei dare una piccola chiave di lettura insenso teologico e giuridico. Comunque, parti da dove vuoi: lo scopo è di accrescere la cultura nostra e di tutti i membri del Forum (edificazione vicendevole).
 
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burckardus
view post Posted on 26/4/2006, 10:17     +1   -1




...mi pare una saggia idea! ...appena ho un attimo parto! ...principiamo con ordine dalla domenica delle palme per poi proseguire
 
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Raimundus
view post Posted on 27/4/2006, 10:49     +1   -1




I sedevacantisti di Verrua Savoia (Istituto Mater Boni Consilii) si rifanno alle rubriche precedenti, come se Pio XII, che pure i loro sofismi riconoscono come papa formaliter, non avesse l'autorità per promulgare la riforma della Settimana Santa.

Qualche anima buona potrebbe postare a beneficio di tutti i seguenti documenti:

Sacra Congregazione di riti (=SCR), Decreto Dominiae Resurrectionis (9 febbraio 1951) Acta Apostolicae Sedis (=AAS) 43 (1951): 128-137;
SCR, Decreto Maxima redemptionis nostrae mysteria (16 novembre 1955) AAS 47 (1955): 838-847.

Devo alla squisita cortesia dell'amico Dante Pastorelli il dono del volume di Bugnini-Braga, Ordo Hebdomadae Sanctae Instauratus, Biblioteca "Ephemerides liturgicae", 25 - Edizioni liturgiche, Roma
 
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burckardus
view post Posted on 27/4/2006, 20:22     +1   -1




...ripromettendomi di tornare con molta calma sull'argomento (calma che in questo periodo m'è vietata per enormi impegni lavorativi) dico solo che il testo di Bugnini e Braga che ho letto e posseggo è un'apologia della riforma della settimana santa (pianificata a tavolino da Bugnini, nonchè esaltata dal cardinal Lercaro,e non formatasi nei secoli come il rito tradizionale: è un argomento su cui m'auguro con calma d'aver il tempo di ritornare) con argomentazioni spesso confuse e capziose dalle quali emerge in modo piuttosto palese il vizio di fondo dell'archologismo liturgico, tipico della deriva del "movimento liturgico"
 
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Raimundus
view post Posted on 2/5/2006, 00:31     +1   -1




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PRAECENTOR
view post Posted on 8/5/2006, 20:56     +1   -1




Nell'attesa di tempi migliori, e che Burckardus ci invii il suo contributo, rilancio la discussione.
E' noto che nel mondo tradizionalista la riforma della Settimana Santa è vista come fumo negli occhi. In effetti, questa riforma presagì le successive riforme dei libri liturgici. E' da notare che il "metodo" utilizzato è il medesimo (anche se la riforma del 1955 fu su certi profili meno invasiva delle successive). In ogni caso: non ci si limitò a stabilire che i tempi della celebrazione dei riti della Settimana Santa dovevano coincidere con i tempi reali degli avvenimenti salutiferi di Cristo, ma si modificarono i riti, attingendo a materiali liturgici dei primi secoli, ostentando una presunta "restitutio" dei riti originali. Ora, questo in generale è l'atteggiamento tipico della riforma liturgica: l'archeologismo. Si prendono riti o rubriche abbandonate da secoli (N.B. mai "in toto", ma solo quelli che si ritengono più opportuni dal punto di vista teologico-pastorale...-letto malevolmente: quelli che fanno comodo) e si piazzano come se nulla fosse nel bel mezzo di un rito che si è sviluppato in secoli di storia, e del quale non si recepisce più il significato. Questo archeologismo fu condannato dalla enciclica Mediator Dei di Pio XII. Ciò nonostante, egli non impedì ma promulgò la riforma della Settimana Santa.
Ora, sappiamo che i novatori imputano ai tradizionalisti di confondere la Tradizione con le tradizioni. Però loro prendono dal passato come fosse la spesa al supermarket, e poi dicono di avere rispettato la tradizione. Per cui, il "novus ordo" non è un rito moderno, ma anzi, "rito antichissimo", in quanto si rifà (in parte!!! non dimentichiamoci le parti composte ex novo) a tradizioni ancora più antiche. Ed ecco che sono loro ad aver confuso le tradizioni con la tradizione.
Altro invece è il problema giuridico: hanno diritto i fedeli a scegliersi l'uno o l'altro rito e i sacerdoti a celebrarlo? A mio parere qui sta il problema. Infatti, se diciamo di essere cattolici obbedienti, pur potendo coltivare delle intime personali preferenze, non abbiamo, a mio parere un diritto alla scelta del rito. L'indulto ci impone l'uso del Messale del 1962, e il celebret della FSSP, ad esempio, indica chiaramente il permesso ad utilizzare i riti in uso al 1962. Sfortunatamente non vedo appigli giuridici che consentano di "pretendere" la celebrazione dei riti precedenti. Anche perchè, se ci pensiamo, un arbitrio ne genera un altro: io potrei preferire il breviario pre S. Pio X, in quanto la sua riforma modificò in modo pesante la disposizione dei Salmi utilizzata nel rito romano fin dai primi secoli....e così via.
Un altro buon motivo per non pretendere a tutti costi la vecchia Settimana Santa è la polemica che venne fatta ad Econe e dai sedevacantisti circa l'illiceità delle "nuova" oratio fidelium al venerdì santo, con la modifica della preghiera per gli ebrei (si narra che Mons. Lefebvre non si volesse inginocchiare alla nuova).
In altre parole, è dura rinunciare al vecchio rito, so che tra voi molti diranno che se ne fregano di queste sottigliezze (però, scusate se ve lo dico: è la solita idea che basta essere tradizionalisti e si è sempre dalla parte giusta), ma io non me la sento di andarmelo a predere, il vecchio rito, quasi per rapinam.
 
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Raimundus
view post Posted on 8/5/2006, 21:32     +1   -1




Caro Praecentor,
la riforma della Settimana Santa è parte integrante del rito tridentino, chè tridentino latu sensu è anche il Missale Romanum promulgato da Papa Roncalli.
Pio XII aveva l'autorità per promulgare la nuova Settimana Santa, così come Papa Roncalli potè autorizzare ulteriori modifiche e promulgare il nuovo codice di rubriche.
Non esiste un valido motivo per cui si debba rivendicare l'utilizzo di un Messale anteriore a quello del 1962.
Io sono per l'obbedienza sempre e comunque.
Ci è data facoltà di chiedere la messa dell'indulto? ben venga.
E' l'unica richiesta ragionevole.
Il rito tridentino, sebbene non abrogato, sopravvive grazie all'indulto che concede l'utilizzo dell'ultima edizione promulgata.
Il Messale del 1962 difficilmente sarà riveduto, per conseguenza resterà in vigore la Settimana Santa pacelliana e roncalliana.

Abbiamo tre edizioni del Messale Romano di Paolo VI; sicuramente, grazie alla riforma della riforma, ve ne sarà presto una quarta: allora si dovrà usare l'ultima.
La liturgia della Chiesa non dipende dal gradimento di un sacerdote o di un gruppo di fedeli che desiderano utilizzare il Messale di Benedetto XV piuttosto che quello di Giovanni XXIII, quello di Paolo VI piuttosto che quello di Giovanni Paolo II o quello, che spero arrivi presto, di Benedetto XVI.

Circa l'oremus et pro judaeis, il perfidis fu soppresso ad experimentum durante la liturgia (sebbene restasse nel Messale) proprio da Papa Pacelli.
Per utilità dei nostri amici lettori, rammento che la Sacra Congrezione dei Riti, con un decreto del 10 giugno 1948, chiarisce che quel perfidis deve esere inteso come "increduli" (cfr. Robert Lesage, Dictionnaire pratique de liturgie romaine, Bonne presse, 1952, pag 557-8).
 
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PRAECENTOR
view post Posted on 8/5/2006, 21:36     +1   -1




quindi mi sembra di capire che sei d'accordo con me. Anch'io sono per l'obbedienza.
 
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fiat pax in virtute tua
view post Posted on 8/5/2006, 21:38     +1   -1




La riforma di Pio XII non ha nulla a che vedere con l'archeologismo. Ci si limitò a spostare le celebrazioni all'orario loro proprio (evitando vistose incongruenze, come la Messa della Vigilia, nel cui prefazio si dice "in hac potissimum nocte", celebrata la mattina del sabato santo) e a scorciare alcune cerimonie per favorire la partecipazione dei fedeli. L'unica aggiunta (tra le pochissime che furono fatte) riconducibile alla liturgia antica è quella del rinnovo delle promesse battesimali nella notte di Pasqua, che dura sì e no cinque minuti.

Archeologismo è l'atteggiamento di chi considera i riti dei primi secoli migliori in quanto tali e quindi si sforza in ogni modo perché siano ripristinati nella loro integralità. Diverso è riattualizzare selettivamente alcune cerimonie antiche che si ritiene possano essere adatte alle circostanze di oggi.
 
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Raimundus
view post Posted on 8/5/2006, 21:42     +1   -1




Ovviamente. Tant'è che vado alla Messa "di Paolo VI", non potendo beneficiare dell'indulto.
E aggiungo: nutro una profonda antipatia (eufemismo) per quanti, obbedienti a parole alla Chiesa cattolica, son pronti a dire o lasciare intendere che il Novus Ordo sia eretico o altre scemenze; e magari se ne stanno a flirtare con lefebvriani (quelli vicini all'ex anglicano Williamson) e sedevacantisti.

(Rispondevo a Praecentor)
 
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PRAECENTOR
view post Posted on 8/5/2006, 22:00     +1   -1




CITAZIONE (fiat pax in virtute tua @ 8/5/2006, 22:38)
Archeologismo è l'atteggiamento di chi considera i riti dei primi secoli migliori in quanto tali e quindi si sforza in ogni modo perché siano ripristinati nella loro integralità. Diverso è riattualizzare selettivamente alcune cerimonie antiche che si ritiene possano essere adatte alle circostanze di oggi.

La tua definizione di archeologismo è piuttosto restrittiva. Le modifiche di un rito utilizzando "cerimonie antiche" come le chiami tu, sono comunque un'operazione pseudo-archeologica, in quanto la correzione di piccole "anomalie" di un rito non comporta la necessità di ricorrere a riti non più in uso, come dimostrano le tante piccole riforme del rito tridentino nei secoli, nonchè alcune delle riforme di S. Pio X.
Quando poi la finalità non è tanto quella di ripristinare un senso teologico oscurato, quanto quella di piegare il rito a fini pastorali (alle estreme conseguenze), pescare nel supermarket del passato (dove si trova di tutto) può diventare un modo per giustificare il cambiamento col rispetto delle "tradizioni".

Facciamo un esempio pratico. Ci serve un momento della Messa nel quale far fare qualcosa ai fedeli. Che facciamo? andiamo nel supermarket del passato e peschiamo la cosa che meglio si può...pervertire all'uopo: la preghiera dei fedeli (che come tutti sapete, non era recitata "dai fedeli", nè tantomeno inventata da loro come succede oggidì). Graaande, grandissima riscoperta, griderà qualche cardinale....Beh, peccato che nella forma attuale abbia poco a che vedere con quella storica e peccato anche che sia stata eliminata per qualche valido motivo...non importa!
Perchè nessuno ripesca il "si quis haereticus procedat!"?
Ma perchè, hai ragione tu, non si è archeologisti sensu strictiore, non si ripescano le cose per intero, solo quelle che fanno comodo!!
 
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Defensor hominum
view post Posted on 8/5/2006, 22:03     +1   -1




Non volgio andare Off Topic... Ma le mie lamentele sull preghiere dei fedeli le conoscete bene...
 
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PRAECENTOR
view post Posted on 8/5/2006, 22:13     +1   -1




Beh intanto il nome dell'oratio fidelium deriva da un'espressione usata da papa Felice III, in contrapposizione ad un'altra prece dei catecumeni (ricordate anche la distinzione messa dei catecumeni-messa dei fedeli per capire in che senso si intenda "dei fedeli").
 
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97 replies since 26/4/2006, 07:27   2473 views
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