| Nell'attesa di tempi migliori, e che Burckardus ci invii il suo contributo, rilancio la discussione. E' noto che nel mondo tradizionalista la riforma della Settimana Santa è vista come fumo negli occhi. In effetti, questa riforma presagì le successive riforme dei libri liturgici. E' da notare che il "metodo" utilizzato è il medesimo (anche se la riforma del 1955 fu su certi profili meno invasiva delle successive). In ogni caso: non ci si limitò a stabilire che i tempi della celebrazione dei riti della Settimana Santa dovevano coincidere con i tempi reali degli avvenimenti salutiferi di Cristo, ma si modificarono i riti, attingendo a materiali liturgici dei primi secoli, ostentando una presunta "restitutio" dei riti originali. Ora, questo in generale è l'atteggiamento tipico della riforma liturgica: l'archeologismo. Si prendono riti o rubriche abbandonate da secoli (N.B. mai "in toto", ma solo quelli che si ritengono più opportuni dal punto di vista teologico-pastorale...-letto malevolmente: quelli che fanno comodo) e si piazzano come se nulla fosse nel bel mezzo di un rito che si è sviluppato in secoli di storia, e del quale non si recepisce più il significato. Questo archeologismo fu condannato dalla enciclica Mediator Dei di Pio XII. Ciò nonostante, egli non impedì ma promulgò la riforma della Settimana Santa. Ora, sappiamo che i novatori imputano ai tradizionalisti di confondere la Tradizione con le tradizioni. Però loro prendono dal passato come fosse la spesa al supermarket, e poi dicono di avere rispettato la tradizione. Per cui, il "novus ordo" non è un rito moderno, ma anzi, "rito antichissimo", in quanto si rifà (in parte!!! non dimentichiamoci le parti composte ex novo) a tradizioni ancora più antiche. Ed ecco che sono loro ad aver confuso le tradizioni con la tradizione. Altro invece è il problema giuridico: hanno diritto i fedeli a scegliersi l'uno o l'altro rito e i sacerdoti a celebrarlo? A mio parere qui sta il problema. Infatti, se diciamo di essere cattolici obbedienti, pur potendo coltivare delle intime personali preferenze, non abbiamo, a mio parere un diritto alla scelta del rito. L'indulto ci impone l'uso del Messale del 1962, e il celebret della FSSP, ad esempio, indica chiaramente il permesso ad utilizzare i riti in uso al 1962. Sfortunatamente non vedo appigli giuridici che consentano di "pretendere" la celebrazione dei riti precedenti. Anche perchè, se ci pensiamo, un arbitrio ne genera un altro: io potrei preferire il breviario pre S. Pio X, in quanto la sua riforma modificò in modo pesante la disposizione dei Salmi utilizzata nel rito romano fin dai primi secoli....e così via. Un altro buon motivo per non pretendere a tutti costi la vecchia Settimana Santa è la polemica che venne fatta ad Econe e dai sedevacantisti circa l'illiceità delle "nuova" oratio fidelium al venerdì santo, con la modifica della preghiera per gli ebrei (si narra che Mons. Lefebvre non si volesse inginocchiare alla nuova). In altre parole, è dura rinunciare al vecchio rito, so che tra voi molti diranno che se ne fregano di queste sottigliezze (però, scusate se ve lo dico: è la solita idea che basta essere tradizionalisti e si è sempre dalla parte giusta), ma io non me la sento di andarmelo a predere, il vecchio rito, quasi per rapinam.
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