Ecclesia Dei. Cattolici Apostolici Romani

Gli angeli nella riflessione filosofico-teologica

« Older   Newer »
  Share  
Angeloflove85
icon12  view post Posted on 28/7/2013, 15:03     +1   -1




L’Antico Testamento

La Bibbia ammette l’esistenza di spiriti, che siano angeli o demoni, ma, nel suo monoteismo, assegna loro lo statuto di creature al servizio di Dio – per cui il titolo ebraico mal’ak – o in rivolta contro di lui e malefici. La subordinazione degli angeli buoni a Dio è attestata dal loro ruolo di esecutori dei voleri divini. In Gen. 3,24 si parla di angeli che fanno da sentinelle all’entrata del giardino di Eden. Gli angeli sono i “figli di Dio” e costituiscono la sua corte; alcuni di loro vengono chiamati serafini in quanto comunicano il messaggio in visione o in sogno. Da questo nasce la formula più critica: “Angeli di YHWH”, dove il contesto suggerisce che si tratta di Dio in persona. Tra le “miriadi di miriadi” di angeli si distinguono “sette angeli sempre alla presenza del Volto”, in adorazione permanente di Dio, e tre arcangeli: Raffaele, Michele, Gabriele. Il Talmud e il Midrash – nell’Antico Testamento – danno agli angeli un corpo di fuoco e numerose funzioni, a volte favorevoli altre punitive, nei confronti degli uomini. Appare un dualismo con gli angeli buoni creati il primo giorno, in guerra contro gli angeli ribelli comandati dall’Angelo cattivo, creato nel nefasto secondo giorno.

Il Nuovo Testamento


In continuità con l’Antico Testamento, così san Paolo usa le denominazioni ereditate: troni, dominazioni, principati e potestà. Lo stesso per gli evangelisti. Gesù parla degli angeli un certo numero di volte e sono presenti nei racconti della passione e della risurrezione. Sarà un angelo a dare il segnale del giudizio secondo Paolo (1Ts 4,16). E’ ancora un angelo che libera Pietro in At 5,18 e un angelo si rivolge al diacono Filippo in At 8,26.

La teologia cristiana – La liturgia e il magistero


San Paolo precisa che il Cristo-Figlio incarnato ha il primato su tutti gli angeli, che sono creati da lui e per lui e sono integrati nel suo corpo (Col 1,15-18). La liturgia cristiana, greca e latina, onora gli angeli come servi di Dio e amici dell’uomo. Associa ogni sua celebrazione alla loro liturgia celeste, come attesta il Trisagion nel rituale di Giovanni Crisostomo e il Sanctus dei Latini. I Padri hanno la convinzione che Dio affidi delle missioni ai suoi angeli per il bene degli uomini avviati alla salvezza. Il tema degli angeli custodi, strumenti della provvidenza divina, viene evocato da Clemente di Alessandria, Origene, Ambrogio, Agostino, Girolamo. Il magistero ecclesiastico (Laterano IV) ha definito solo il loro statuto creaturale. Gli angeli non appartengono alla successione temporale che ci è propria, alcuni antichi concili hanno escluso la teoria della conversione ultima degli angeli caduti al momento del rinnovamento (apocatastasi) promesso ad ogni realtà esistente.

L’epoca patristica

Criticando la gnosi, Clemente di Alessandria insegna che gli angeli non conoscono Dio Padre se non sono “battezzati nel Nome” (“al di sopra di ogni nome”), ossia nel Figlio. Ireneo precisa che gli angeli non contemplano il Padre se non contemplando il Figlio e nella misura in cui il Figlio lo rivela a loro. Sant’Agostino insegna che solo la grazia permette agli angeli di accedere alla felicità ultima (Città di Dio). Questa sovranità della grazia per la loro salvezza spiega la superiorità di Maria, madre del Verbo incarnato, sopra tutti gli angeli, già affermata dai Padri greci. Dionigi pone una Gerarchia celeste, poi ripresa da san Paolo, formata da tre triadi di dignità crescente: angeli, arcangeli, principati; potenze, virtù, dominazioni; troni, cherubini, serafini. L’insieme, scrive Dionigi, costituisce la Tearchia, che Dio Trinità presiede e la cui funzione è di assicurare la salvezza divinizzatrice dei fedeli. Origene spiegava questa gerarchia tra gli angeli in base al merito di ciascuno di loro. L’opinione dei Padri è concorde sulla funzione ma non è unanime sulla natura. Alcuni ammettono l’individuazione dello spirito angelico con una certa corporeità sottile detta spirituale. Si riconosce all’angelo una durata interiore che è superiore al tempo cosmico ma inferiore all’eternità divina, definita da Boezio come “simultaneità di tutti i momenti”, e chiamata eviternità. Contro il dualismo manicheo, sant’Agostino precisa che la creazione dell’angelo è anteriore al momento in cui sceglie, dunque alla sua santificazione o al suo rifiuto. Egli distingue tre livelli dell’intelletto angelico: conoscenza della cosa conosciuta in se stessa, conoscenza secondo due gradi d’illuminazione trascendente operata dal Verbo creatore, visione nella luce del mattino (l’Idea creatrice del Verbo) e visione nella luce declinante della sera o secondo la sola natura propria dell’angelo.

Il Medio Evo

La teoria di un ruolo creatore degli angeli viene rifiutata e il tema della loro libertà fallibile, già studiato da Anselmo (La caduta del diavolo), diventa oggetto di ricerche. Alberto Magno esita a identificare Intelligenze e angeli: li avvicina per quanto riguarda la loro natura puramente intellettuale, ma pensa, seguendo la Bibbia e Dionigi, che soltanto gli angeli trasmettono la luce divina della grazia. Alberto mutua da Dionigi il tema della conoscenza immediata di Dio nel serafino e la estende all’illuminazione deificante data all’uomo nella vita eterna. San Bonaventura ammette i punti di vista dei filosofi sull’angelo come Intelligenza pura e applica all’anima umana l’idea di Dionigi di gerarchia. L’anima è “gerarchizzata” accedendo alla luce della sapienza rivelata, da cui riceve le illuminazioni secondo l’ordine ascendente definito da Dionigi; tale ordine diventa una successione di tappe nel cammino dell’anima, al quale l’angelo coopera a mo’ di causa occasionale, togliendo gli ostacoli. Per san Tommaso d’Aquino gli angeli sono identificati con le Intelligenze separate quanto alla natura, ma non quanto alle loro funzioni nell’ordine della grazia. Tra Dio, Intelletto o pensiero puro ed infinito, e l’uomo con la sua ragione legata al sensibile, occorre ammettere la realtà di esseri dotato di un’intelligenza superiore alla nostra, come ritiene l’esperienza filosofica. La natura di questi esseri resta sconosciuta, se ne intravede qualcosa a partire dall’intelletto e dal volere umano e mediante le correzioni della negatività. Soltanto la Bibbia ci dice che essi cooperano alla nostra salvezza. Come ogni creatura libera, hanno dovuto convertirsi a Dio in risposta alla grazia divina di cui il Cristo è “causa efficiente ed esemplare nel mistero eterno dell’incarnazione” (Ep. c.1, lect.3; Col. c.1, lect. 4-5).

Fonte: Dizionario di Teologia - Biblioteca comunale
 
Top
0 replies since 28/7/2013, 15:03   183 views
  Share