Ecclesia Dei. Cattolici Apostolici Romani

Lo zelo dei santi per il decoro nella liturgia

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TotusTuus
view post Posted on 19/3/2013, 21:08     +1   -1




In ogni epoca si affacciano puntualmente benpensanti intrisi di ideologie mondane che pretendono di imporre il loro falso punto di vista riguardo ogni questione umana, pure sulla Chiesa. Costoro scambiano la povertà con il pauperismo, la verità con il tener per vero, l'amore con l'anarchia morale, la carità con una vaga filantropia, e così laicizzando. A parole professano relativismo e indifferenza per la religione, a fatti invece sbraitano appena vedono una mozzetta o qualsiasi altro arredo sacro e puntano il dito contro il presunto "lusso" della Chiesa (e amenità varie). A questi illustri rispondo con la citazione di due passi tratti dalla Sacra Scrittura. Leggiamoli insieme:

Quanto alla Dimora, la farai con dieci teli di bisso ritorto, di porpora viola, di porpora rossa e di scarlatto. Vi farai figure di cherubini, lavoro d'artista.
Lunghezza di un telo: ventotto cubiti; larghezza: quattro cubiti per un telo; la stessa dimensione per tutti i teli.
Cinque teli saranno uniti l'uno all'altro e anche gli altri cinque saranno uniti l'uno all'altro.
Farai cordoni di porpora viola sull'orlo del primo telo all'estremità della sutura; così farai sull'orlo del telo estremo nella seconda sutura.
Farai cinquanta cordoni al primo telo e farai cinquanta cordoni all'estremità della seconda sutura: i cordoni corrisponderanno l'uno all'altro.
Farai cinquanta fibbie d'oro e unirai i teli l'uno all'altro mediante le fibbie, così il tutto formerà una sola Dimora.
Farai poi teli di pelo di capra per costituire la tenda al di sopra della Dimora. Ne farai undici teli.
Lunghezza di un telo: trenta cubiti; larghezza: quattro cubiti per un telo. La stessa dimensione per gli undici teli.
Unirai insieme cinque teli a parte e sei teli a parte. Piegherai indietro il sesto telo raddoppiandolo sulla parte anteriore della tenda.
Farai cinquanta cordoni sull'orlo del primo telo, che è all'estremità della sutura, e cinquanta cordoni sull'orlo del telo della seconda sutura.
Farai cinquanta fibbie di rame, introdurrai le fibbie nei cordoni e unirai insieme la tenda; così essa formerà un tutto unico.
La parte che pende in eccedenza nei teli della tenda, la metà cioè di un telo che sopravanza, penderà sulla parte posteriore della Dimora.
Il cubito in eccedenza da una parte, come il cubito in eccedenza dall'altra parte, nel senso della lunghezza dei teli della tenda, ricadranno sui due lati della Dimora per coprirla da una parte e dall'altra.
Farai poi per la tenda una copertura di pelli di montone tinte di rosso e al di sopra una copertura di pelli di tasso.
Poi farai per la Dimora le assi di legno di acacia, da porsi verticali.
Dieci cubiti la lunghezza di un'asse e un cubito e mezzo la larghezza.
Ogni asse avrà due sostegni, congiunti l'uno all'altro da un rinforzo. Così farai per tutte le assi della Dimora.
Farai dunque le assi per la Dimora: venti assi sul lato verso il mezzogiorno, a sud.
Farai anche quaranta basi d'argento sotto le venti assi, due basi sotto un'asse, per i suoi due sostegni e due basi sotto l'altra asse per i suoi sostegni.
Per il secondo lato della Dimora, verso il settentrione, venti assi,
come anche le loro quaranta basi d'argento, due basi sotto un'asse e due basi sotto l'altra asse.
Per la parte posteriore della Dimora, verso occidente, farai sei assi.
Farai inoltre due assi per gli angoli della Dimora sulla parte posteriore.
Esse saranno formate ciascuna da due pezzi uguali abbinati e perfettamente congiunti dal basso fino alla cima, all'altezza del primo anello. Così sarà per ambedue: esse formeranno i due angoli.
Vi saranno dunque otto assi con le loro basi d'argento: sedici basi, due basi sotto un'asse e due basi sotto l'altra asse.
Farai inoltre traverse di legno di acacia: cinque per le assi di un lato della Dimora
e cinque traverse per le assi dell'altro lato della Dimora e cinque traverse per le assi della parte posteriore, verso occidente.
La traversa mediana, a mezza altezza delle assi, le attraverserà da una estremità all'altra.
Rivestirai d'oro le assi, farai in oro i loro anelli, che serviranno per inserire le traverse, e rivestirai d'oro anche le traverse.
Costruirai la Dimora nel modo che ti è stato mostrato sul monte.
Farai il velo di porpora viola, di porpora rossa, di scarlatto e di bisso ritorto. Lo si farà con figure di cherubini, lavoro di disegnatore.
Lo appenderai a quattro colonne di acacia, rivestite d'oro, con uncini d'oro e poggiate su quattro basi d'argento.
Collocherai il velo sotto le fibbie e là, nell'interno oltre il velo, introdurrai l'arca della Testimonianza. Il velo sarà per voi la separazione tra il Santo e il Santo dei santi.
Porrai il coperchio sull'arca della Testimonianza nel Santo dei santi.
Collocherai la tavola fuori del velo e il candelabro di fronte alla tavola sul lato meridionale della Dimora; collocherai la tavola sul lato settentrionale.
Poii farai una cortina all'ingresso della tenda, di porpora viola e di porpora rossa, di scarlatto e di bisso ritorto, lavoro di ricamatore.
Farai per la cortina cinque colonne di acacia e le rivestirai d'oro. I loro uncini saranno d'oro e fonderai per esse cinque basi di rame.
(Es 26, 1-37)

*



Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell'unguento. Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse: "Perché quest'olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?". Questo egli disse non perché gl'importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. Gesù allora disse: "Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me". (Gv 12, 1-8).

Come hanno operato i santi nella loro vita? Come hanno coniugato la povertà evangelica con la cura e lo zelo per il decoro nella liturgia, la preghiera pubblica della Chiesa? In questa discussione saranno proposti come modello alcuni esempi pratici. Mi sembra doveroso iniziare dal patrono d'Italia S. Francesco d'Assisi.

San Francesco d'Assisi

Lettera a tutti i chierici sulla riverenza del Corpo del Signore
(Fonti Francescane 201-209)



Facciamo attenzione, noi tutti chierici, al grande peccato e all'ignoranza che certuni hanno riguardo al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo e ai santissimi nomi e alle sue parole scritte, che santificano il corpo. Sappiamo che non ci può essere il corpo se prima non è santificato dalla parola.

Niente infatti possediamo e vediamo corporalmente in questo mondo dello stesso Altissimo, se non il corpo e il sangue, i nomi e le parole mediante le quali siamo stati creati e redenti "da morte a vita".

Tutti coloro, poi, che amministrano così santi ministeri, considerino tra sé, soprattutto quelli che li amministrano senza discrezione, quanto siano miserandi i calici, i corporali e le tovaglie sulle quali si compie il sacrificio del corpo e del sangue del Signore nostro.

E da molti viene lasciato in luoghi indecorosi, viene trasportato senza nessun onore e ricevuto senza le dovute disposizioni e amministrato agli altri senza discrezione.

Anche i nomi e le parole di lui scritte talvolta vengono calpestate, perché "l'uomo carnale non comprende le cose di Dio".

Non dovremmo sentirci mossi a pietà per tutto questo, dal momento che lo stesso pio Signore si consegna nelle nostre mani e noi l'abbiamo a nostra disposizione e ce ne comunichiamo ogni giorno? Ignoriamo forse che dobbiamo venire nelle sue mani?

Orsù, di tutte queste cose e delle altre, subito e con fermezza emendiamoci; e ovunque troveremo il santissimo corpo del Signore nostro Gesù Cristo collocato e lasciato in modo illecito, sia rimosso di là e posto e custodito in un luogo prezioso.

Ugualmente, ovunque siano trovati i nomi e le parole scritte del Signore in luoghi sconvenienti, siano raccolte e debbano essere collocate in luogo decoroso.

E sappiamo che è nostro dovere osservare tutte queste norme, sopra ogni altra cosa, in forza dei precetti del Signore e delle costituzioni della Santa Madre Chiesa.

E colui che non si diporterà in questo modo, sappia che dovrà rendere "ragione" al Signore nostro Gesù Cristo "nel giorno del giudizio".

E coloro che faranno ricopiare questo scritto perché esso sia meglio osservato, sappiano che saranno benedetti dal Signore Iddio.

***

A tutti i custodi

(Fonti Francescane 240-244)



A tutti i custodi dei frati minori ai quali giungerà questa lettera, frate Francesco, vostro servo e piccolo nel Signore Iddio, augura salute con nuovi segni del cielo e della terra, segni che sono grandi e straordinari presso il Signore e sono invece ritenuti in nessun conto da molti religiosi e da altri uomini.

Vi prego, più che se riguardasse me stesso, che, quando vi sembrerà conveniente e utile, supplichiate umilmente i chierici di venerare sopra ogni cosa il santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo e i santi nomi e le parole di lui scritte che consacrano il corpo. I calici, i corporali, gli ornamenti dellíaltare e tutto ciò che serve al sacrificio, devono essere preziosi. E se in qualche luogo trovassero il santissimo corpo del Signore collocato in modo miserevole, venga da essi posto e custodito in un luogo prezioso, secondo le disposizioni della Chiesa, e sia portato con grande venerazione e amministrato agli altri con discrezione.

Anche gli scritti che contengono i nomi e le parole del Signore, ovunque fossero trovati in luoghi sconvenienti, siano raccolti e collocati in luogo degno.

E in ogni predica che fate, ricordate al popolo di fare penitenza e che nessuno può essere salvato se non colui che riceve il santissimo corpo e sangue del Signore , e che quando è sacrificato dal sacerdote sullíaltare o viene portato in qualche parte, tutti, in ginocchio, rendano lode, gloria e onore al Signore Iddio vivo e vero.

E dovete annunciare e predicare la sua gloria a tutte le genti, cosi che ad ogni "ora" e quando suonano le campane, sempre da tutto il popolo siano lese lodi e grazie a Dio onnipotente per tutta la terra.

E tutti i miei frati custodi ai quali giungerà questo scritto, che ne faranno copia e la terranno presso di sé e la faranno trascrivere per i frati che hanno líufficio della predicazione e della custodia dei frati, e che predicheranno sino alla fine le istruzioni contenute in questo scritto, sappiano che hanno la benedizione del Signore Iddio e mia.

E reputino questo scritto come vera e santa obbedienza per loro. Amen.
 
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TotusTuus
view post Posted on 20/3/2013, 11:12     +1   -1




San Giovanni Maria Vianney (Curato d'Ars)



« (...) Conosciamo quanta irregolarità di orario avesse in alcune sue azioni, come il mangiare o il dormire, ma, quando si trattava della Messa, il momento più santo della giornata, non tollerava nessun ritardo. Un giorno una delle persone più distinte della sua parrocchia gli fece chiedere che il mattino seguente ritardasse un poco la Messa per potervi partecipare, ma il Santo diede questa risposta: "Ditele che è impossibile: si alzi più presto. Io non posso fare perdere la Messa a nessuno dei miei parrocchiani per causa sua".
Il momento della Messa!... Dal suo volto era scomparsa ogni nube di tristezza, ed ormai sembrava avere dimenticato la terra. Un giorno - secondo Caterine Lassagne - ebbe a dire confidenzialmente: "Io non vorrei essere parroco, ma sono contento di essere prete anche solo per potere celebrare la Messa!". Secondo il parere del suo confessore, "tutto ciò che aveva fatto dalla levata fino a quel momento, poteva essere considerato come un'eccellente preparazione". Ma egli voleva ancora alcuni minuti per meglio raccogliersi prima del santo Sacrificio. Rimaneva immobile inginocchiato sul pavimento del coro, con le mani giunte e gli occhi fissi al tabernacolo, e non vi era nulla che fosse capace di distrarlo in quegli istanti di intimità con Dio. (...)
Amava i paramenti ricchissimi e preziosi. Avrebbe voluto un calice d'oro massiccio, perchè "il più bello che aveva non gli sembrava ancora degno di contenere il sangue di Gesù Cristo". Soprattutto gli piaceva l'altare maggiore con la sua base di marmo, sulla quale sono scolpiti l'Agnello, San Giovanni Battista, suo patrono, S. Sisto, patrono d'Ars; col suo tabernacolo di bronzo dorato e cesellato, ed il suo alto baldacchino, ornato di pennacchi bianchi. Ma per lui la principale bellezza della chiesa era sempre il contegno esemplarmente edificante dei fedeli.
La sua Messa non era lunga oltre il tempo richiesto, cioè la mezz'ora. Per tutta la sua vita seguì il rito speciale della chiesa di Lione. Secondo tale rito, il celebrante, dopo la elevazione, rimane un momento con le braccia distese, e questo era il solo gesto che don Vianney prolungava in un modo che impressionava. Dionigi Chaland, che gli servì la Messa come chierichetto nel 1827 e che divenne prete, ebbe a dire: "Io ero colpito nel vederlo dopo la consacrazione con gli occhi e le mani levate rimanere per cinque minuti in una specie di estasi. Condividendo il pensiero dei miei compagni ritenevo che vedesse Dio". Prima della Comunione "si fermava ancora un momento, come in conversazione con Nostro Signore, ed infine consumava le sacre Specie".
"Com'era bello quando celebrava! - esclama fratello Atanasio. - Lo si sarebbe detto un altro San Francesco di Sales". "L'ho visto qualche volta celebrare - ha detto don Luigi Beau, suo confessore - ed ogni volta mi è sembrato di vedere un angelo sull'altare".
Si veniva alla chiesa espressamente per edificarsi e contemplarlo durante la celebrazione dei divini misteri. Così fecero, tra le altre, anche persone ospiti al castello, le quali andarono alla Messa solenne solo "per avere l'occasione di vederlo e di osservarlo". "Una persona della parrocchia - afferma la baronessa di Belvey - mi diceva: Se volete imparare ad ascoltare bene la Messa, mettevi in un luogo ove possiate vedere il nostro Curato all'altare. Io mi collocai in un luogo ove potevo osservarlo e scoprii nei suoi lineamenti qualche cosa di celestiale. Dai suoi occhi caddero lacrime durante quasi tutta la santa Messa; la stessa cosa ossservai ogni qualvolta mi recai ad Ars". Un artista riteneva non potersi descrivere l'espressione del volto del nostro Santo all'altare.
In lui non v'era neppure l'apparenza di una distrazione. Il suo contegno esterno riproduceva quello che passava nell'intimo della sua anima. Era nemico di ogni affettazione e non faceva nessun gesto esagerato o superfluo, ma pregava e contemplava coi suoi occhi elevati o chini, e supplicava con le sue mani giunte o distese. Questo contegno era una predicazione muta, ma di un'eloquenza irresistibile, ed a più di un peccatore bastò averlo visto una volta per convertirsi. Così ad esempio un framassone, che aveva acconsentito a venire alla chiesa, sentì il suo cuore trasformato, appena contemplò il Santo all'altare. Si aveva l'impressione sensibile che là non era solo, ma che stava con lui il Sommo Sacerdote, Gesù Cristo. Dal suo esterno era facilmente indovinabile la sua adorazione, perchè ogni gesto, ogni sguardo, ogni movimento dicevano l'annientamento, il desiderio, la speranza, l'amore...
Ed erano precisamente questi i sentimenti che passavano nella sua grande anima, durante la celebrazione. (...) »


François Trochu, Il Curato d’Ars, Casa Editrice Marietti, Genova-Milano 2004 (II ristampa), pp. 397-398.
 
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TotusTuus
view post Posted on 22/3/2013, 16:40     +1   -1




Venerabile Aurelio Bacciarini



« (...) Don Aurelio dava molto spazio alla solennità delle celebrazioni liturgiche, convinto che anche attraverso gli apparati esteriori, certamente non fine a se stessi, le verità della fede potessero entrare nell'animo dei fedeli. Per questo si prodigava per renderle vive e attraenti, anticipando con la sapienza dei santi le direttive di inculturazione liturgica suggerite dal Concilio Vaticano II (...) ».

Nicola Parisi, Mons. Aurelio Bacciarini parroco esemplare, in La Santa Crociata in onore di San Giuseppe, 3 marzo 2013.
 
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Avarayr
view post Posted on 13/10/2013, 12:50     +1   -1




Secondo me le regole vengono naturalmente rispettate dove c'è una Fede che le sostiene. Se il prete non usa il piattino sotto l'Ostia consacrata, ciò accade perché non considera più grave che il Santissimo Sacramento possa cadere in terra. Altrimenti lo userebbe. La crisi della liturgia - comprese certe legalizzazioni quali la Comunione in mano - è una crisi della Fede (proprio nel senso della virtù teologale) del clero, cui magari non corrisponde neppure una crisi della Fede nella maggioranza dei credenti.
 
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3 replies since 19/3/2013, 21:08   152 views
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