Ecclesia Dei. Cattolici Apostolici Romani

Martini e Verze': aspiranti protestanti?

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faifer
view post Posted on 19/5/2009, 22:47     +1   -1




Ho letto stamane questo articolo e sono rimasta profondamente amareggiata. Lo segnalo anche a voi, perche' ciascuno ne tragga le debite conclusioni. Le tematiche affrontate sono delicate e certo la carita', attraverso la solidarieta' e l'accoglienza, deve sempre guidare ogni riflessione in merito: ma qui si e' davvero passato il segno. Vorrei poter sperare in un equivoco, ma temo proprio che non sia cosi'.
Preghiamo per la Chiesa e per i suoi pastori. Ce n'e' tanto bisogno.
Riporto il testo qui di seguito, cosi' come l'ho tratto dal Corriere della Sera.

Una conversazione tra il cardinale e don Luigi Verzé.
Martini: porte aperte ai fedeli cattolici divorziati e risposati.
La Chiesa cerchi una soluzione al problema. Anche il celibato dei preti si può discutere.


Carlo Maria Martini — Non so se sono sveglio o sto sognando. So che mi trovo completamente al buio, mentre un lento sciabordio mi fa pensare che sono su una barca che scivola via sull’acqua. Cerco a tastoni di stabilire meglio il luogo in cui mi trovo emi accorgo che vicino ame vi è un albero, forse l’albero maestro dell’imbarcazione. A poco a poco mi avvicino così da potermi aggrappare a esso con le mani, per avere un po’ di sicurezza e di stabilità nei sempre più frequenti moti della barca sulle onde. In questo tentativo incontro qualcosa che mi sembra come una mano d’uomo. Forse è un altro passeggero che sta cercando anche lui di appoggiarsi all’albero maestro. Non so chi sia, come non so io stesso come mi sia trovato su questa barca. Ma il tocco di quella mano mi dà fiducia: mi spingo avanti così da poterla stringere ed esprimere la mia solidarietà con qualcuno in quell’oscurità che mette i brividi. Vorrei anche tentare di dire qualcosa, pur non sapendo se il mio compagno di barca capisce l’italiano.

Ma nel frattempo lui inizia a farmi qualche breve domanda, a cui sono lieto di rispondere. Si tratta di una persona che non conoscevo, ma di cui avevo sentito parlare. Mi colpiva il suo interesse per me in quel momento difficile, in cui ciascuno avrebbe voglia di pensare solo a se stesso. Dialogando così nella notte fonda, in quel momento di incertezza e anche di pericolo si videro a poco a poco spuntare le prime luci dell’alba. Riconobbi il luogo in cui mi trovavo: eravamo noi due soli in barca. E usando alcuni remi che trovammo in fondo a essa, ci mettemmo a remare verso la riva, fermandoci ogni tanto per assaporare la tranquillità del lago. Ci siamo detti molte cose in quelle ore. È venuto chiaramente alla luce durante la conversazione che eravamo tanto diversi l’uno dall’altro. Ma ci rispettavamo come persone e ci amavamo come figli di Dio. Anche il fatto di trovarci sulla stessa barca ci permetteva di comprenderci e di accoglierci, così come eravamo. Tra le prime cose che ci siamo detti c’è naturalmente un poco di autopresentazione. Così ho appreso che il mio interlocutore aveva nientemeno che ottantanove anni, mentre io ne avevo ottantadue. Don Luigi Verzé (tale appresi poi essere il nome di colui che viaggiava con me) presentava la sua vita come quella di uno che aveva vissuto sessantuno anni di sacerdozio. (...)

Luigi Maria Verzé — Quanto è cambiata ora la valutazione etica ecclesiastica, rispetto a quella imposta ai tempi della mia infanzia. D’altra parte, poiché la moralità è imperativo categorico, la gente si fa una propria etica laica e la Chiesa resta con un’etica cristiana incongruente perché incondivisa dagli stessi devoti. Ricordo, per esempio, che nella mia visita alle favelas del Brasile frequentemente mi incontravo con povere donne senza marito con un bimbo in seno, un altro in braccio e una sfilza di altri che le seguivano, tutti prodotti di diversi mariti. Era giocoforza concludere che la pillola anticoncezionale andava consigliata e fornita. Il Brasile, totalmente cattolico fino agli anni Ottanta, ora è disseminato di chiese e chiesuole semicristiane, organizzate però sui bisogni anche spiccioli della gente. La Chiesa cattolica è troppo lontana dalla realtà, e le fiumane di gente, quando arriva il Papa, hanno più o meno il valore delle carnevalate e delle feste per la dea Iemanjà, l’antica Venere cui tutti, compreso il prefetto cristiano, gettano tributi floreali. La Chiesa, più che vivere, sopravvive sulle ossa degli eroici primi missionari. E poiché siamo in tema di morale pratica, che cosa dice, Eminente Padre, della negazione dei sacramenti a devotissimi divorziati? Io penso che anche ai sacerdoti dovrebbe essere presto tolto l’obbligo del celibato, poiché temo che per molti il celibato sia una finzione. E non sarebbe più vantaggioso che la consacrazione dei vescovi avvenisse su acclamazione del popolo di Dio, oggi così estraneo ai fatti della Chiesa? Forse non si è ancora maturi per tutto questo, ma Lei non crede che siano temi ai quali si dovrebbe pensare pregando lo Spirito?

Carlo Maria Martini — Oggi ci sono non poche prescrizioni e norme che non sempre vengono capite dal semplice fedele. Per questo, la Chiesa appare un po’ troppo lontana dalla realtà. Purtroppo sono d’accordo che le fiumane di gente che vanno a manifestazioni religiose non sempre le vivono con profondità. Occorre prepararle, e occorre dopo dare un seguito di riflessione nell’ambito della parrocchia o del gruppo. Non credo, però, che si possa dire che in Paesi come il Brasile, la Chiesa non vive ma sopravvive soltanto sulle ossa dei primi eroici missionari. La Chiesa vive là anche su gente semplice, umile, che fa il proprio dovere, che ama, che sa comprendere e perdonare. È questa la ricchezza delle nostre comunità. Tanti laici di queste nazioni e anche tanti laici vicino a noi sono seri e impegnati. Lei mi chiede che cosa penso della negazione dei sacramenti a devotissimi divorziati. Io mi so no rallegrato per la bontà con cui il Santo Padre ha tolto la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani. Penso, però, con tanti altri, che ci sono moltissime persone nella Chiesa che soffrono perché si sentono emarginate e che bisognerebbe pensare anche a loro. E mi riferisco, in particolare, ai divorziati risposati. Non a tutti, perché non dobbiamo favorire la leggerezza e la superficialità, ma promuovere la fedeltà e la perseveranza.

Ma vi sono alcuni che oggi sono in stato irreversibile e incolpevole. Hanno magari assunto dei nuovi doveri verso i figli avuti dal secondo matrimonio, mentre non c’è nessun motivo per tornare indietro; anzi, non si troverebbe saggio questo comportamento. Ritengo che la Chiesa debba trovare soluzioni per queste persone. Ho detto spesso, e ripeto ai preti, che essi sono formati per costruire l’uomo nuovo secondo il Vangelo. Ma in realtà debbono poi occuparsi anche di mettere a posto ossa rotte e di salvare i naufraghi. Sono contento che la Chiesa mostri in alcuni casi benevolenza e mitezza, ma ritengo che dovrebbe averla verso tutte le persone che veramente la meritano. Sono, però, problemi che non può risolvere un semplice sacerdote e neppure un vescovo. Bisogna che tutta la Chiesa si metta a riflettere su questi casi e, guidata dal Papa, trovi una via di uscita. Dopo di ciò Lei affronta un problema molto importante, dicendo che ai sacerdoti andrebbe tolto l’obbligo del celibato. È una questione delicatissima. Io credo che il celibato sia un grande valore, che rimarrà sempre nella Chiesa: è un grande segno evangelico. Non per questo è necessario imporlo a tutti, e già nelle chiese orientali cattoliche non viene chiesto a tutti i sacerdoti. Vedo che alcuni vescovi propongono di dare il ministero presbiterale a uomini sposati che abbiano già una certa esperienza e maturità (viri probati). Non sarebbe, però, opportuno che fossero responsabili di una parrocchia, per evitare un ulteriore accrescimento del clericalismo. Mi pare molto più opportuno fare di questi preti legati alla parrocchia come un gruppo che opera a rotazione. Si tratta in ogni caso di un problema grave.

E credo che quando la Chiesa lo affronterà avrà davanti anni davvero difficili. Non mancheranno coloro che diranno di aver accettato il celibato unicamente per arrivare al sacerdozio. D’altra parte, sono certo che ci saranno sempre molti che sceglieranno la via celibataria. Perché i giovani sono idealisti e generosi. Inoltre ci sono nel mondo alcune situazioni particolarmente difficili, in alcuni continenti in particolare. Penso però che tocchi ai vescovi di quei Paesi fare presente queste situazioni e trovarne le soluzioni. Lei si domanda anche se non sarebbe più vantaggioso che la consacrazione dei vescovi avvenisse su acclamazione del popolo di Dio. L’elezione dei vescovi è sempre stato un problema difficile nella Chiesa. Nelle situazioni antiche in cui partecipava maggiormente il popolo, si verificavano litigi e molte divisioni. Oggi forse è stata portata troppo in alto loco. Mi ricordo che un canonista cardinale intervenne in una riunione per dire che non era giusto che la Santa Sede facesse due processi per la stessa persona: uno dovrebbe essere fatto in loco e il secondo dal Nunzio. Quanto alla partecipazione della gente, vi sono alcune diocesi in Svizzera e in Germania che lo fanno, ma è difficile dire che le cose vadano senz’altro meglio. In conclusione, si tratta di una realtà molto complessa. Però l’attuale modo di eleggere i vescovi deve essere migliorato. Sono temi sui quali si dovrebbe riflettere molto, e parlare anche di più. Nei sinodi qualcosa emergeva, ma poi non veniva mai approfondito. Il problema, però, esiste e deve potersi fare una discussione pubblica a questo proposito.

CARLO MARIA MARTINI e
LUIGI MARIA VERZÉ
19 maggio 2009

FONTE: http://www.corriere.it/cultura/09_maggio_1...44f02aabc.shtml
 
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Kajetan
view post Posted on 20/5/2009, 06:11     +1   -1




Contesto una sola cosa: il titolo della discussione è "aspiranti" protestanti, invece di PROFONDAMENTE protestanti :angry:
 
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TotusTuus
view post Posted on 20/5/2009, 11:46     +1   -1




Purtroppo non vi è nulla di nuovo sotto il sole: il trionfo del peggior relativismo. Mi permetto soltanto di segnalare alcuni passi:

CITAZIONE
Luigi Maria Verzé — Quanto è cambiata ora la valutazione etica ecclesiastica, rispetto a quella imposta ai tempi della mia infanzia. D’altra parte, poiché la moralità è imperativo categorico, la gente si fa una propria etica laica e la Chiesa resta con un’etica cristiana incongruente perché incondivisa dagli stessi devoti.

Don Verzè, con un salto mortale triplo, sposa il relativismo debolista con l'imperativo categorico di kantiana memoria. Domanda: e questa sua opinione che ci azzecca con la morale cristiana? :unsure:
Del resto emerge chiaramente dall'intervista una contraddizione di fondo: un relativista come può imporre ad altri la sua opinione?! Se tutto è soggettivo, è soggettiva pure l'opinione di chi l'afferma.

CITAZIONE
Luigi Maria Verzé — [...]Io penso che anche ai sacerdoti dovrebbe essere presto tolto l’obbligo del celibato, poiché temo che per molti il celibato sia una finzione.

Il don Verzè forse dimentica che nel creato ognuno ha la propria vocazione.

CITAZIONE
Carlo Maria Martini — [...]Lei mi chiede che cosa penso della negazione dei sacramenti a devotissimi divorziati. Io mi so no rallegrato per la bontà con cui il Santo Padre ha tolto la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani. Penso, però, con tanti altri, che ci sono moltissime persone nella Chiesa che soffrono perché si sentono emarginate e che bisognerebbe pensare anche a loro. E mi riferisco, in particolare, ai divorziati risposati.

Quale legame c'è fra i "sacramenti ai divorziati" e la questione lefebvriana? :unsure: Se non è malafede questa...
Carissimo Kajetan ti assicuro che un luterano onesto è molto più serio di questi due eminenti ecclesiastici.
 
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faifer
view post Posted on 20/5/2009, 13:18     +1   -1




Carissimi Kajetan e TotusTuus, avete entrambi ragione: Verze' e Martini non sono ne' aspiranti ne' protestanti. Sono riuscitissimi (e un po' subdoli) contestatori del Magistero. Speriamo che il Papa si esprima presto a riguardo.
E' la retorica del caso pietoso: loro la usano per i sacramenti a chi non e' piu' in comunione con la Chiesa e per tacciare quest'ultima di scollamento dalla realta', altri la usano per cose piu' palesemente sbagliate.
Il meccanismo usato e' lo stesso di quelli che giustificano l'aborto "solo in condizioni particolarissime", l'eutanasia "solo quando un poveraccio non muove piu' un dito, ma che vita e' questa" e atrocita' analoghe.
Senza rendersi conto del fatto che ammettere una cosa sbagliata in certi casi "particolarissimi" significa cedere lentamente su tutta la linea.
Gli atei, i radicali e gli anticlericali tutti lo sanno benissimo e anzi utilizzano questa tecnica per fregarci tutti: dispiace moltissimo che anche pastori di Santa Romana Chiesa - spero in buona fede - se ne avvalgano piu' o meno consapevolmente (e comunque i danni che producono sono enormi).
Un po' come quello strano soggetto che e' Enzo Bianchi: ha intitolato un libro per bambini "Gesu', il profeta che raccontava Dio agli uomini", un capolavoro di politically correctness che fa sembrare il Signore "un bravo ragazzo simpatico" e non il Figlio di Dio.
Ma e' lo stesso giro di Verze' e Martini.
Hai ragione, TotusTuus, purtroppo non c'e' da stupirsi.
 
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TotusTuus
view post Posted on 21/5/2009, 21:55     +1   -1




La chiesa “alternativa” di Martini e don Verzé

A. Gnocchi M. Palmaro



La pillola anticoncezionale? Spesso è giocoforza che vada consigliata e fornita. L’etica cristiana? Incongruente, da rifare. I divorziati risposati? Basta fisime clericali. Il celibato ecclesiastico? Una finzione, buttiamolo a mare. I vescovi? Li elegga il popolo di Dio.
Tutto ciò fermandosi solo alle anticipazioni di Siamo tutti sulla stessa barca (Editrice San Raffaele, pp. 96, euro 14,5) libro in uscita oggi e anticipato ieri dal Corriere della Sera, firmato dal cardinale Carlo Maria Martini, già arcivescovo di Milano, e da don Luigi Verzé, fondatore dell’Ospedale San Raffaele e rettore dell’Università Vita-Salute.
Sarebbe interessante sapere che cosa pensano di queste tesi le autorità preposte alla salvaguardia della dottrina cattolica. Perché è venuto il momento di dire se, in materia di dottrina e di morale, i fedeli sono tutti uguali e devono accettare tutti le stesse regole o se, invece, c’è qualcuno più uguale degli altri.

Contraltare del Papa

Il cattolico medio non può ignorare che se il Papa si pronuncia su un tema, subito spunta il cardinale Martini a fare da contraltare. Il Papa scrive un libro su Gesù? Lui l’avrebbe fatto meglio. Il Papa liberalizza la Messa in latino? Lui non avrebbe suscitato perniciose nostalgie. Il Papa ribadisce il primato di Pietro? Lui si appella alla collegialità. Il Papa prende atto degli scivoloni del Vaticano II? Lui convoca il Vaticano III.
Così come non può ignorare che don Verzé ha riempito la sua università di nomi come Massimo Cacciari, Roberta De Monticelli, Vito Mancuso, Salvatore Natoli, Emanuele Severino, Edoardo Boncinelli: il meglio del pensiero anticattolico sulla piazza. Del resto, don Verzé è l’inventore di un’inedita dottrina simil-cattolica grazie alla quale si è auto-autorizzato a praticare nel suo ospedale la fecondazione artificiale omologa condannata dalla Chiesa.
Lo ha fatto con una decisione del comitato etico del San Raffaele e poco gli importa di essere stato smentito dalla Congregazione per la dottrina della fede. Senza dimenticare che, in piena bagarre sul caso Englaro, don Verzé rivelò di aver tolto la spina ad un amico attaccato a un respiratore artificiale. «Col pianto nel cuore», ma lo fece.
Due come il cardinale Martini e don Verzé sembrano fatti apposta per incontrarsi. E potrebbe stupire che, per anni, la curia martiniana abbia fatto la guerra al san Raffaele e al suo fondatore. Ma si trattava di questioni politiche e non teologiche. Perché sul metodo del dubbio applicato al dogma e sulla teoria delle “zone grigie” applicata alla morale messi a punto da Martini, don Verzé ci va a nozze. Tanto che, nel 2006, la sua università ha conferito la laurea honoris causa al porporato.
E così ecco spiegato il presente libro, nel quale il fondatore del San Raffaele parla con rammarico di «un’etica ecclesiastica imposta».
Poi dice «che anche ai sacerdoti dovrebbe essere presto tolto l’obbligo del celibato» e annuncia che l’ora della democrazia nella Chiesa suonerà con l’elezione diretta dei vescovi. «La Chiesa cattolica è troppo lontana dalla realtà, e le fiumane di gente, quando arriva il Papa, hanno più o meno il valore delle carnevalate».

Un nuovo concilio

Don Verzé va giù di vanga, e allora Martini interviene con il fioretto ad allargare il solco. «Oggi ci sono sono non poche prescrizioni e norme che non sempre vengono capite dal semplice fedele».
Caro don Luigi, ha proprio ragione lei, qui bisogna cambiare tutto, che orrore quelle fiumane di gente ignorante e impreparata, avrà mai seguito almeno una lezione della Cattedra dei non credenti?
Con studiata ritrosia, il cardinale conferma tutto. Senza dimenticare che, per rimettere un po’ d’ordine, «non basta un semplice sacerdote o un vescovo. Bisogna che tutta la Chiesa si metta a riflettere su questi casi». Insomma, un altro Concilio.
Siamo tutti sulla stessa barca, dice il titolo del libro. Qualcuno ci spieghi se è quella di Pietro.

© Copyright Libero, 20 maggio 2009
 
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Mortino
view post Posted on 21/5/2009, 23:31     +1   -1




Mah... L'unica cosa che non mi spiego, è perchè non si sia ancora abbattuta su di loro la scomunica.
 
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faifer
view post Posted on 22/5/2009, 12:33     +1   -1




QUOTE (Mortino @ 22/5/2009, 00:31)
Mah... L'unica cosa che non mi spiego, è perchè non si sia ancora abbattuta su di loro la scomunica.

Bella domanda... L'unica spiegazione plausibile che mi viene in mente e': per prudenza. Chissa', forse provvedimenti severi sortirebbero effetti peggiori, come ad invocare una sorta di scisma.
Il Papa ha recentemente richiamato la necessita' di non "sbranarci" tra noi, citando San Paolo: in momenti duri per la Chiesa - lo si e' visto per la revoca della scomunica ai Lefevbriani - fraintendimenti pericolosi sono sempre in agguato e davvero non ce n'e' bisogno.
Staremo a vedere. Sai, piu' che pregare lo Spirito Santo non possiamo fare... Certo e' che una parola decisa ci vorrebbe. Ma probabilmente la Santa Sede ci vuole pensare con la dovuta calma, lanciare anatemi non servirebbe: e magari infiammerebbe contro il Papa intere schiere di preti e fedeli.
Sono sicura che il nostro BXVI trovera' la soluzione migliore. Lui davanti ai lupi non fugge. Quindi li affrontera'.
P.S. Non mi si fraintenda, eh, non voglio dare a Martini e a Verze' dei lupi, per carita': pero' non sono nemmeno degli agnellini (e sapeste quanto mi dispiace per una questione diciamo "sentimentale", io sono milanese...).
 
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faifer
view post Posted on 22/5/2009, 14:14     +1   -1




Del resto, BXVI lo aveva detto subito, appena eletto:
"Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare ‘qua e là da qualsiasi vento di dottrina’, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. "
Sembra un dipinto dei due grandi vecchi in questione...
 
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Mortino
view post Posted on 22/5/2009, 23:55     +1   -1




Probabile. In cuor mio, ritengo che allontanare questi eretici (perchè tali sono, ed è giusto chiamarli col proprio nome) sia la cosa migliore per il popolo di Cristo. Anche se questo dovesse generare degli scismi o delle "rivolte", si prenderebbe una chiara posizione a livello di difesa della Tradizione e del Magistero della Chiesa nei confronti di costoro che sembrano farsene semplicemente beffe.

Fondamentalisti? Non lo so. Ma francamente preferisco sentirmi dare del fondamentalista, e servire Dio, piuttosto che sentirmi lodare dagli uomini e mandare centinaia di agnelli innocenti al macello. Per cui, personalmente, quando mi si dovesse dare del fondamentalista durante una discussione, a questo punto mi troverò a rispondere: "Lei mi lunsinga". (La Russa docet)
 
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faifer
view post Posted on 23/5/2009, 12:59     +1   -1




Eh si'. Certi "insulti" sono una medaglia. Il politicamente corretto ci sta veramente rovinando.
 
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TotusTuus
view post Posted on 23/5/2009, 21:02     +1   -1




L’ex consigliere di Wojtyla dice che c’è una chiesa che sta tradendo se stessa



Milano. Se il grado di accoglienza nell’amore per i fedeli che commettono un errore sia adeguato o meno da parte della chiesa è da tempo immemore vexata quaestio. Tuttavia, il nuovo libro firmato da Carlo Maria Martini e da don Luigi Verzé va ben oltre: “Che cosa ne dice, Eminente Padre, della negazione dei sacramenti ai devotissimi divorziati?” chiede don Verzé. “Ritengo che la chiesa debba trovare soluzioni per queste persone” risponde il cardinale. “Ho detto spesso, e ripeto ai preti, che essi sono formati per costruire l’uomo nuovo secondo il Vangelo. Ma in realtà debbono poi occuparsi anche di mettere a posto ossa rotte e di salvare i naufraghi”. Tanto è bastato al Corriere per titolare “Porte aperte ai fedeli cattolici divorziati e risposati”.

Ma davvero la chiesa potrebbe in futuro consentire l’accesso ai sacramenti a chi abbia formato una nuova famiglia, magari con figli nati da un secondo coniuge, se il suo stato fosse quello che Martini chiama nel libro “irreversibile e incolpevole”? Abbiamo girato la questione a un professore che dei fondamenti morali del matrimonio nella fede ha fatto uno dei temi fondamentali della sua esistenza, come dimostra anche il suo ultimo testo, “Bellezza e spiritualità dell’amore coniugale” (Cantagalli).

Amico, collaboratore e confidente di Giovanni Paolo II, il polacco Stanislaw Grygiel è emerito di Antropologia Filosofica al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli Studi su matrimonio e famiglia, voluto da Wojtyla nel 1981: “Immaginiamo che il membro di una famiglia commetta un atto che lo elimina da questa famiglia. E’ chiaro che lui soffrirà” spiega Grygiel. “Ma ancora più di lui soffrirà la famiglia da cui proviene. Questa sofferenza dovrebbe provocare verso chi ha commesso l’errore un amore ancora più grande di prima. Questo amore significa: noi ti aspetteremo e faremo tutto il possibile perché tu rientri nella nostra famiglia”.

Fuor di metafora, se l’errore commesso è contro la verità della chiesa, secondo Grygiel la chiesa ama la pecorella smarrita più di prima ma non la può riaccogliere alle stesse condizioni di prima, a meno di non rinnegare la propria verità: “Non sono un teologo, ma un semplice credente” tiene a specificare. “Tuttavia mi pare che il comandamento evangelico sia chiaro in proposito. La chiesa non può permettere ai risposati di partecipare alla vita sacramentale. La comprensione o l’interpretazione delle parole di Cristo non può variare a seconda della situazione, ma si svolge nella visione totale del Vangelo e della fede tramandata. Se mio figlio o mia figlia mi abbandonassero per un’altra famiglia, terrei per loro la porta sempre aperta, ma non posso tradire i miei principi senza tradire me stesso, non renderei un buon servizio nemmeno a loro. Supponiamo che la chiesa per rendere possibile la vita sacramentale di questi risposati tradisca la propria verità: non esisterebbe più per gli altri. Io l’abbandonerei. Non vorrei essere membro di una chiesa che tradisce se stessa”.

Che cosa potrebbe fare dunque la chiesa per avvicinarsi materialmente ai divorziati e risposati? “Non ci può essere una regola per tutti, ma bisogna considerare caso per caso. Tuttavia, non c’è solo la comunione dei sacramenti, c’è anche la comunione spirituale. Venite a Messa e ascoltate la coscienza, può dire a questi fedeli. Buoni padri spirituali potrebbero fare con loro particolari ritiri, in cui meditare sulla vita, sul significato di Dio, il resto verrà di conseguenza. In un’enciclopedia polacca del Settecento alla voce cavallo si dice: ‘Ciò che il cavallo è, ciascuno lo vede’. Così è per la relazione di ognuno di noi con Dio”.


di Stefania Vitulli



Fonte: Il Foglio
 
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faifer
view post Posted on 24/5/2009, 16:25     +1   -1




Interessante. La posizione di Stanislaw Grygiel mi pare molto equilibrata e la condivido.
 
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CATTOLICO
view post Posted on 24/12/2010, 19:33     +1   -1




CITAZIONE (Mortino @ 21/5/2009, 23:31) 
Mah... L'unica cosa che non mi spiego, è perchè non si sia ancora abbattuta su di loro la scomunica.

E' quello che mi chiedo anche io.

CITAZIONE (faifer @ 22/5/2009, 14:14) 
Del resto, BXVI lo aveva detto subito, appena eletto:
"Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare ‘qua e là da qualsiasi vento di dottrina’, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. "

Lo so bene anche io. Sapeste quante volte sono stato etichettato come fondamentalista pur essendo un semplice fedele!
 
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12 replies since 19/5/2009, 22:47   247 views
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