"Permetterà di conquistare la riconciliazione e l'unità''
Sì alla messa in latino. Il Papa: "Non spaccherà la Chiesa"
Ratzinger pubblica il motu proprio che entrerà in vigore il 14 settembre e che regola l'uso dell'antico messale nella versione già riveduta da Giovanni XXIII nel 1962. Un gruppo di fedeli può richiederne la celebrazione: "Il parroco accolga il loro desiderio"
ascolta la notizia Città del Vaticano, 7 lug. - (Adnkronos/Ign) - ''Il Messale Romano promulgato da Paolo VI è l'espressione ordinaria della 'lex orandi' (legge della preghiera) della Chiesa cattolica di rito latino. Tuttavia il Messale Romano promulgato da S. Pio V e nuovamente edito dal beato Giovanni XXIII deve venir considerato come espressione straordinaria della stessa 'lex orandi' e deve essere tenuto nel debito onore per il suo uso venerabile e antico''. Comincia così il primo articolo del motu proprio 'Summorum Pontificum' di Benedetto XVI che torna a liberalizzare la messa in latino di San Pio V, facendone una celebrazione straordinaria dell'unico rito romano. Il documento entrerà in vigore il prossimo 14 settembre.
''Queste due espressioni della 'lex orandi' della Chiesa - continua la prima norma del documento - non porteranno in alcun modo a una divisione nella 'lex credendi' ('legge della fede') della Chiesa; sono infatti due usi dell'unico rito romano''.
Il motu proprio del Pontefice si compone in tutto di 12 articoli che regolano l'uso dell'antico messale nella versione già riveduta da Giovanni XXIII nel 1962. Il testo è preceduto da una breve introduzione storica, un excursus che spiega le ragioni essenziali del ritorno all'uso del messale tridentino, sia pure in forma straordinaria, accanto a quello di Paolo VI segnato dalla riforma conciliare.
Il Papa ha poi scritto una lettera rivolta ai vescovi di tutto il mondo per chiarire alcuni punti controversi relativi al tema. In particolare il Pontefice ha voluto chiarire che nella storia liturgica della Chiesa ''c'è crescita e progresso, ma nessuna rottura''. Si fa poi riferimento all'arcivescovo Marcel Lefebvre, al tentativo di recuperare le comunità che lo hanno seguito già avviato da Giovanni Paolo II. Complessivamente Benedetto XVI tende poi a gettare acqua sul fuoco delle possibili polemiche facendo presente che in ogni caso l'antica liturgia non potrà essere seguita che da una minoranza dei fedeli che conoscono il latino e che si attengono al messale di San Pio V, mentre mette in guardia dalla ''creatività'' che ha deformato la liturgia in seguito alla riforma del Concilio.
Proprio l'articolo 5 del motu proprio stabilisce le modalità di richiesta della messa secondo l'antico rito. ''Nelle parrocchie, in cui esiste stabilmente un gruppo di fedeli aderenti alla precedente tradizione liturgica, il parroco accolga volentieri le loro richieste per la celebrazione della Santa Messa secondo il rito del Messale Romano edito nel 1962''.
Ratzinger, dunque, spiega i motivi che lo hanno indotto a liberalizzare la messa in latino. Innanzitutto, il Papa fuga i timori che l'antico rituale possa portare a "spaccature nelle comunità parrocchiali". Non è destinata a provocare spaccature nella Chiesa, in quanto - sottolinea Ratzinger - presuppone ''una certa misura di formazione liturgica e un accesso alla lingua latina; sia l'una che l'altra non si trovano tanto di frequente''.
Anzi, il motu proprio è stato fatto per ''giungere a una riconciliazione interna nel seno della Chiesa''. In passato, scrive Benedetto XVI nella missiva, "non è stato fatto il sufficiente da parte dei responsabili della Chiesa per conservare o conquistare la riconciliazione e l'unità''. Ma nella liturgia c'è continuità e non rottura fra passato e presente: "Non c'è nessuna contraddizione tra l'una e l'altra edizione del Missale Romanum. Nella storia della Liturgia c'è crescita e progresso, ma nessuna rottura''.
Comunque, semmai dovessero nascere controversie intorno alla messa di San Pio V il vescovo può intervenire per sciogliere il problema o rivolgersi al Vaticano se la questione rimane irrisolta. In ogni caso è ''vivamente pregato'' di esaudire il desiderio dei fedeli che vogliono celebrare la messa in latino. Il vescovo di una determinata diocesi ha anche la possibilità - secondo quanto stabilito dal motu proprio - di ''erigere una parrocchia personale a norma del can. 518 per le celebrazioni secondo la forma più antica del rito romano, o nominare un cappellano, osservate le norme del diritto''. Di fatto il vescovo potrà indicare in quale parrocchia della sua diocesi si celebrano le messe secondo il rito tridentino.
Agenzia AdnKronos
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Il Papa: "La messa in latino
per riconciliare i fedeli"
Il rito in latino «non spaccherà la chiesa»
CITTA' DEL VATICANO
«È vero che non mancano esagerazioni e qualche volta aspetti sociali indebitamente vincolati all`attitudine di fedeli legati all`antica tradizione liturgica latina»: è uno dei passaggi chiave della lettera con cui il Papa accompagna il Motu proprio che rende lecita la celebrazione della messa pre-conciliare in latino. Il provvedimento viene incontro alle richieste dei tradizionalisti di celebrare messa secondo il messale di san Pio V (emendato da Giovanni XIII), ma non manca, in questo passaggio, di stigmatizzarne alcuni eccessi e prese di posizione.
«La vostra carità e prudenza pastorale - aggiunge il Papa rivolgendosi ai vescovi - sarà stimolo e guida per un perfezionamento. Del resto le due forme dell`uso del Rito Romano possono arricchirsi a vicenda».
Quanto agli scismatici lefebrviani, «tutti sappiamo - scrive il Papa sottolineando le divergenze di fondo - che, nel movimento guidato dall`Arcivescovo Lefebvre, la fedeltà al Messale antico divenne un contrassegno esterno; le ragioni di questa spaccatura, che qui nasceva, si trovavano però più in profondità».
Benedetto XVI ricorda anche quando Giovanni Paolo II voleva «aiutare soprattutto la Fraternità San Pio X (di Lefebvre, ndr.) a ritrovare la piena unità con il Successore di Pietro, cercando di guarire una ferita sentita sempre più dolorosamente. Purtroppo questa riconciliazione finora non è riuscita».
Il senso del Motu proprio, ad ogni modo, per il Papa è di riconciliare le diverse posizioni all’interno della Chiesa: «Non c`è nessuna contraddizione tra l`una e l`altra edizione del Missale Romanum», quella pre-conciliare e quella riformata. «Nella storia della Liturgia c`è crescita e progresso, ma nessuna rottura. Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso».
«Si tratta di giungere ad una riconciliazione interna nel seno della Chiesa», scrive ancora Benedetto XVI. «Guardando al passato, alle divisioni che nel corso dei secoli hanno lacerato il Corpo di Cristo, si ha continuamente l`impressione che, in momenti critici in cui la divisione stava nascendo, non è stato fatto il sufficiente da parte dei responsabili della Chiesa per conservare o conquistare la riconciliazione e l`unità; si ha l`impressione che le omissioni nella Chiesa abbiano avuto una loro parte di colpa nel fatto che queste divisioni si siano potute consolidare. Questo sguardo al passato oggi ci impone un obbligo: fare tutti gli sforzi, affinché a tutti quelli che hanno veramente il desiderio dell`unità, sia reso possibile di restare in quest`unità o di ritrovarla nuovamente».
LA STAMPA
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Ratzinger liberalizza la messa in latino Pubblicato il motu proprio «Summarum Pontificum» che ne permette l'uso secondo il rito anteriore alla riforma liturgica STRUMENTIVERSIONE STAMPABILEI PIU' LETTIINVIA QUESTO ARTICOLO
CITTÀ DEL VATICANO - Ratzinger liberalizza la messa in latino. Bendetto XVI ha infatti pubblicato il motu proprio «Summarum Pontificum» che permette l'uso della messa in latino secondo il rito anteriore alla riforma liturgica, in via ordinaria e senza richiesta al vescovo. Il documento entra in vigore il prossimo 14 settembre. Il rito antico è permesso, non imposto, e la liturgia ordinaria della Chiesa resta quella conciliare. Ai vescovi resta il controllo sull'applicazione delle norme e fra tre anni dovranno riferire al Papa su eventuali difficoltà. «È infondato il timore» che con la liberalizzazione della messa in latino anteriore al 1970 «venga messa in dubbio» la «riforma liturgica» o la «autorità del Concilio». Lo spiega il Papa nella lettera ai vescovi con la quale accompagna il motu proprio sulla messa in latino. Il rito antico, precisa, «non fu mai giuridicamente abolito» e «in linea di principio restò sempre permesso».
«PER CONCILIARE» - Il Papa ha deciso il motu proprio che liberalizza la messa in latino spinto dalla «ragione positiva» di «giungere a una riconciliazione interna nel seno della Chiesa». Nelle «divisioni del passato» non sempre, osserva, «i responsabili della Chiesa» hanno «fatto il sufficiente per conservare o conquistare l'unità». Lo afferma nella lettera con cui presenta il motu proprio ai vescovi di tutto il mondo. La liberalizzazione della messa in latino secondo l'antico rito di San Pio V non è destinata a provocare spaccature nella Chiesa, in quanto presuppone «una certa misura di formazione liturgica e un accesso alla lingua latina; sia l'una che l'altra non si trovano tanto di frequente» afferma Benedetto XVI nella lettera a tutti i vescovi del mondo nella quale spiega le ragioni che lo hanno indotto a liberalizzare la messa in latino secondo l'antico rito.
DUE FORME Il motu proprio voluto da Benedetto XVI stabilisce che la messa potrà essere celebrata in due forme: ordinaria, che segue la riforma liturgica di Paolo VI del '70, che può essere usata sempre e dappertutto, in latino e nelle diverse edizioni volgari; straordinaria, che viene celebrata secondo i libri liturgici editi da Giovanni XXIII nel '62, sempre in latino. Se finora serviva un «indulto» del vescovo per autorizzare la forma straordinaria, dal 14 settembre - data in cui entrerà in vigore il motu proprio - il parroco potrà autorizzare la messa; resterà ai vescovi il compito di vigilare sull'applicazione, di segnalare eventuali difficoltà alla commissione vaticana «Ecclesia Dei» e, tra tre anni, di fare rapporto alla Santa Sede sull'applicazione di queste norme. Il parroco che lo riterrà necessario potrà organizzare una «parrocchia personale» per le messe con rito straordinario, se ci sia un numero consistente di fedeli che lo desiderino. «Nelle parrocchie in cui esiste stabilmente un gruppo di fedeli aderenti alla precedente tradizione liturgica, il parroco accolga volentieri le loro richieste per la celebrazione della Santa Messa secondo il rito del Messale Romano edito nel 1962», si afferma nell'articolo 5 del motu proprio di Benedetto XVI che liberalizza la messa secondo il rituale di San Pio V diffuso oggi dalla Sala stampa vaticana.
COMPIACIUTI I LEFEBVRIANI - Compiacimento e «viva gratitudine», senza però trascurare «le difficoltà che ancora sussistono». Così i seguaci dell'arcivescovo Marcel Lefebvre accolgono il motu proprio «Summorum Pontificum» con cui Benedetto XVI ha ristabilito nei suoi diritti la messa tridentina. Primo fra i nodi da sciogliere nel rapporto tra Roma e la Fraternità sacerdotale San Pio X la scomunica nei confronti di vescovi lefebvriani, il cui ritiro è considerata condizione essenziale.
07 luglio 2007
IL CORRIERE DELLA SERA