| VOCAZIONI DI OGGI Ordinato martedì dal vescovo di Anagni e Alatri, ha celebrato la sua prima Messa nella festa dell’Assunta. «Ho incontrato Gesù Salvatore: solo in lui la vera gioia»
«Droga addio: tornato alla vita ora sono prete»
Dopo aver vinto la sua guerra contro l'eroina Riccardo Sasso è approdato al sacerdozio Tutto comincia dieci anni fa, quando il giovane bussa alle porte della comunità di Trivigliano
«La dipendenza rivela la radicale povertà dell’uomo Lì possiamo sperimentare l’amore di Dio»
Da Trivigliano (Frosinone) Augusto Cinelli
A chi passa tra le colline della Ciociaria tra Fiuggi e Alatri, probabilmente sfuggono i tetti nascosti di Trivigliano, un paese di neppure 1.500 anime. Eppure proprio qui, in questi giorni, è accaduta una di quelle cose trascurate dalla cronaca ma che gettano una luce nuova sulla realtà. Nella comunità di recupero «In dialogo», fondata sedici anni fa proprio a Trivigliano dal vincenziano padre Matteo Tagliaferri per accogliere tossicodipendenti, alcolisti e persone con vari disagi sociali, martedì è stata festa grande per l'ordinazione sacerdotale di Riccardo Sasso, un giovane che nella stessa comunità ha vissuto per anni, seguendo l'impegnativo percorso di uscita dalla tossicodipendenza, che qui ha voluto poi rimanere come operatore e resterà ora da sacerdote. È stato il vescovo di Anagni-Alatri Lorenzo Loppa a presiedere il rito. E nella solennità dell'Assunta don Riccardo, che l'anno scorso aveva emesso i voti nell'ordine vincenziano, ha celebrato la sua prima Eucaristia, attorniato da familiari e amici, ma anche dai ragazzi ospiti della struttura e da quelli che, terminato il percorso di recupero, sono tornati in famiglia e nella società. Dieci anni orsono Riccardo, romano e una laurea in giurisprudenza in tasca, bussava alla porta di quel luogo per chiedere aiuto. Ha accettato di raccontarci la sua storia con lo stile, tutto evangelico, di chi vuol mettere in luce i percorsi inaspettati della Grazia e testimoniare come Dio possa raggiungere anche gli anfratti della disperazione, servendosi, nel suo caso, di qualcuno che prende in carico la sofferenza degli altri. «Sono entrato in comunità nel giugno 1997 - spiega -. Avevo 32 anni e dovevo affrontare il mio problema di dipendenza da eroina, un problema che si trascinava da diversi anni, nonostante avessi anche un buon lavoro. A un certo punto mi ero reso conto che dovevo fare una scelta: continuare in quella doppia vita che mi stava distruggendo, oppure lasciare tutto e cercare un aiuto di tipo diverso. Fui ac colto in comunità dal responsabile, padre Matteo Tagliaferri, con grandissimo rispetto e amore». Come è stato il cammino in comunità? «Il programma di recupero è stato serio ed esigente, ma essendo incentrato sulla conoscenza più profonda e oggettiva di se stessi, ho potuto cominciare non solo a mettere in discussione i miei errori, ma anche a riscoprire una fede che da tanti anni avevo messo da parte. Ben presto mi sono reso conto che nella mia vita avevo cercato - in modo sbagliato - un di più di autenticità della vita, un senso che fino al mio ingresso in comunità mi era sempre sfuggito». E che cosa è successo per arrivare a scoprire anche la chiamata al sacerdozio? «Nel '99 terminavo il mio programma di recupero e ho scelto subito di non tornare nel mio ambito lavorativo precedente, ma di rimanere in comunità come operatore. Nel 2000, per il Giubileo, l'allora vescovo di Anagni-Alatri, Francesco Lambiasi, prese la decisone, credo pressoché inedita, di rendere sede giubilare della diocesi anche la comunità di Trivigliano. In quella occasione ho avuto la possibilità di accogliere e seguire oltre 80 gruppi che visitarono la comunità. Attraverso quell'esperienza ho compreso meglio l'azione di Dio nel recupero di tanti giovani, me compreso, e ho cominciato a rendermi conto anche di una chiamata particolare da parte di quel Gesù che già avevo sperimentato come Salvatore. Scelsi di iniziare il cammino vocazionale con la Congregazione della Missione perché avevo sperimentato, come povero - intendo dal punto di vista umano - l'amore per gli ultimi, che è l'eredità più profonda del nostro fondatore san Vincenzo de' Paoli. Mi sono reso conto, per esperienza personale, che la dipendenza rivela la radicale povertà dell'uomo, e che in questa povertà ci è dato di sperimentare l'amore vivificante di Dio». Come si è sviluppata poi questa chiamata? «Negli anni di seminario, prima a Roma e poi al Collegio Alberoni della nostra Congregazione a Piacenza, la forza dell'amore d i Dio mi ha sempre accompagnato. In particolare i voti perpetui il 15 marzo 2006 e l'ordinazione diaconale il 30 settembre dello stesso anno, ricevuta dall'allora vescovo di Piacenza-Bobbio, Luciano Monari, sono state altrettante occasioni di incontro con Gesù Salvatore. Mi ha segnato molto anche l'esperienza di volontariato a Piacenza presso la Casa Don Venturini per malati di Aids dell'associazione La Ricerca di don Giorgio Bosini». Che pagina inizia oggi? «Oggi mi trovo a svolgere il mio servizio proprio all'interno della Comunità: è come se Cristo mi avesse posto nuovamente in quello stesso luogo, dieci anni dopo il mio ingresso come tossicodipendente. Per fare che cosa? Io credo per testimoniare l'amore gratuito e immenso di Dio che è riversato su ciascuno in maniera sovrabbondante. Mi trovo a ripetere ad ogni persona disperata che la vita è possibile, la vita vince la morte, e che solo l'amore può guarire le ferite di tante persone. Desidero rafforzare nei giovani la consapevolezza che la forza che ridona la gioia di vivere è l'amore gratuito di Dio. Oggi il mio cuore si allarga a coloro che si trovano nei nostri quindici centri in Italia e a quelli fuori dell'Italia, ma sento forte anche la presenza amorosa dei tanti giovani che in comunità hanno vissuto e sono morti, per malattie diverse, ma sempre con grande fiducia nell'abbraccio finale del Signore, che li attendeva. Anche loro mi hanno accolto nel mio ministero». Come ha detto il vescovo Loppa nel giorno dell'ordinazione: «Con il tuo ministero, caro Riccardo, tu possa contribuire a ridurre sempre di più l'ombra della morte attorno a te e dove il Signore ti chiamerà a lavorare».
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